5. La corrispondenza

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Perc. 5. Foto A, La corrispondenza
Perc. 5. Foto A, La corrispondenza

Superato il primo momento di sbigottimento, i soldati al fronte trovarono nella scrittura il solo mezzo per sentirsi ancora vivi, riflettere su se stessi e sulle proprie condizioni. L'analfabetismo dilagante non limitò lo scambio di lettere o di cartoline: c'era chi cercava la compiacenza del cappellano militare, chi la disponibilità di qualche commilitone che aveva studiato, ma anche chi, pur sapendo di non eccellere con la penna, provava a scrivere da solo, non curante della forma e della corretta ortografia, carico solo di voglia di arrivare lontano. Durante gli anni del conflitto hanno viaggiato quattro miliardi di corrispondenza! Fra queste lettere ci sono anche quelle scritte da alcuni degli innocentini ai quali questa mostra è dedicata. Le loro lettere conservate presso l'Archivo storico dell'Ospedale sono, evidentemente, quelle che avevano superato l'esame della censura militare e si caratterizzano, in modo univoco, per l'uso di un linguaggio patriottico dal quale emerge l'agiografia del soldato: un uomo semplice, ma fiero di essere un umile fantaccino a servizio della sua patria. Dietro l'enfasi, i contenuti di questo carteggio rimandano però ad esigenze concrete che testimoniano il disagio e la tragicità del momento storico (richieste di sussidi o di informazioni) o fanno intravedere un bisogno più intimo, legato al desiderio di conoscere l'identità della propria madre naturale. Un posto particolare, fra il materiale conservato, lo occupano infine le lettere che i prigionieri o le loro famiglie inviano al Commissario Direttore dell'Ospedale, Gustavo Pucci.


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